mercoledì 5 agosto 2015

Come si organizza una gara di corsa in montagna: l'Orobie Ultra Trail


La partenza della GTO
Che cosa è un trail? L'ho scritto molte volte. È una gara di corsa in montagna, su sentieri escursionistici. Quei sentieri che si fanno, normalmente, al passo. Con uno zaino pesante, le scarpe da trekking, gli amici e la birra alla fine (o durante).

Dicendo "gara" si dice un po' tutto: la gente, l'organizzazione, la sicurezza, le iscrizioni, i controlli, il materiale obbligatorio... C'è modo e modo di farli. E ci sono le gare "storiche", ben rodate o da sempre un po' scrause, e quelle nuove, che sono una scommessa.

Quando nasce una gara, si fa una scommessa. Riusciranno a organizzarla bene? Verrà gente? Piacerà? Ho partecipato alla versione "corta" (70 km) dell'Orobie Ultra Trail, neonata competizione sulle prealpi bergamasche. E ho corso (o ho tentato di correre) la GTO, il Gran Trail Orobie. Tentato perché mi sono infortunato. Capita. Stiramento di 4 cm al muscolo gracile della coscia sinistra.

Quando le nuvole si aprivano un po', era davvero bello...
Ok, ora ho messo le mani avanti (le ho messe anche quando sono planato in discesa, ma non è mica servito). E posso raccontarvi qualcosa di diverso dalla cronaca della gara. Perché l'Orobie Ultra Trail non è stata soltanto una nuova gara. È stata un esempio da seguire su come si organizza una nuova gara e su come si accolgono i partecipanti.

Sono arrivato a Bergamo la sera del 31 luglio. La partenza è fissata per il giorno dopo a Carona, alle 8.00. Quindi, la prima cosa da fare è andare a ritirare il pettorale. Dopo 10 anni di trail, ho imparato a fare una prima valutazione proprio da qui: e prendendo a modello la gara di riferimento, l'Ultra Trail du Mont Blanc. Spesso si vedono una bella fila, scatoloni pieni di buste e volontari volonterosi che ti chiedono "Come ti chiami?". Una volta ho risposto "Giacomo Leopardi" e la tizia (gentile e carina) ha iniziato... "Leo... Leo... No, non c'è. Aspetta... Francooooo!".

All'ingresso del palazzetto dello Sport di Bergamo c'è un cartellone con i nomi degli iscritti. E a ogni nome (in ordine alfabetico) corrisponde un numero di iscrizione. Vai allo sportello (ce ne sono tanti, suddivisi per numeri), dici il numero di iscrizione, ti chiedono un documento. Con un sorriso. Ecco come si fa.

Questo hanno fatto. Ma non è finita. Ai trail la sicurezza è importante. Ed è importantissimo avere il materiale obbligatorio. In particolare, ci sono quelle cose che chissà perché tutti dimenticano, #tantononsiusanomai. Coperta termica di emergenza, benda elastica per fasciature, fischietto. Il fischietto, in particolare, non è una sciocchezza. Salva la vita. Ci sono studi che dimostrano che se sai fischiare (o appunto hai un fischietto) hai 8 volte di più le probabilità di salvarti in caso di grave incidente in montagna. Puoi chiamare a lungo e ti sentono a grande distanza. 
Il pacco gara dell'Orobie Ultra Trail. Così si fa un pacco gara.

All'Ultra Trail Orobie hanno messo questi elementi essenziali dentro al pacco gara. Il tutto, confezionato in un marsupio rosso proprio carino (che ora uso come porta smartphone/portafogli/chiavi). Particolare interessante: era rossa anche la benda per le fasciature. Non è un dettaglio da poco: permette a tutti gli operatori sul percorso di riconoscere a colpo d'occhio gli infortunati. Chapeau per la scelta.

Non è finita. Oltre alle chiacchiere con le gentilissime addette al controllo, abbiamo ricevuto un paio di birre artigianali. Cosa molto gradita. Per giunta, personalizzate "Ultra Trail" e aromatizzate con bacche di goji e zenzero. Davvero ottime.

Così, con questa bella disposizione d'animo e tutto quanto preparato a puntino, me ne sono andato in albergo a dormire. La mattina dopo, nello stesso posto della consegna pettorali, c'era la navetta, pronta a partire alle 5.30. Il viaggio in autobus fino a Carona è tranquillissimo. Quasi tutti dormono, qualcuno chiacchiera. E si guarda il tempo... che volge al peggio.

Al punto che arrivati a Carona, riceviamo la notizia: partenza rinviata di 30 minuti. Perché lassù, tra i passi che dobbiamo affrontare, ci sono pioggia e nebbia. E avanzare così è pericoloso. Anche qui, bravi organizzatori. Se le gare diventano pericolose, si fermano. Punto. Ora penso a quelli impegnati nella Lunga, da 140 k. Chissà come stanno.

Ore 8.30, il via. Un giro del lago di Carona per sgranare il gruppo e poi su. Molto su. Si inizia a salire e sembra non si smetta mai. In effetti si procede un po' lenti. Complice il fango, o i sassi scivolosi o la troppa gente per un single track. In effetti, forse il giro del lago poteva essere un tantino allungato, vista la strettoia, per dare il tempo al gruppo di assottigliarsi. Si sale verso i Laghi Gemelli, in un paesaggio da fiaba. Tipo il Signore degli Anelli (visto il maltempo, più verso Mordor che alla Contea).

Poi giù verso Alpe Corte e di nuovo su al Brachino e poi alla Capanna 2000. Un momento. Qui le cose cambiano. La salita non diventa soltanto dura. Diventa estremamente dura. Pietre aguzze, spaccasuole e spaccagambe. Vento e acqua, che si alternano a folate di umidità calda e appiccicosa. La Capanna 2000 arriva dopo un lungo traverso, che se ti dà un po' fastidio l'altezza è meglio che non guardi a destra. Dentro la Capanna (che è un vero e bel rifugio), c'è the caldo, buon cibo e tanta gentilezza. Fuori, invece, c'è una discesa che fa paura a guardarla. Perché è una specie di torrente di fango. Inizio a scendere ma non sto in piedi. Infatti, cado. Poi di nuovo. E di nuovo. E poi cado facendo la spaccata. La gamba sinistra stride. Il dolore è una fucilata. E la mia gara è finita.

Solo che per farla finire davvero devo arrivare alla base vita del Passo di Zambla. Ok. Butto giù una tachipirina e via. Un po' zoppico, un po', scaldandomi, sembra che il dolore passi. Se sono fortunato, è solo uno stiramento (lo era). La Base Vita del Passo di Zambia arriva, finalmente. Mi ci sono volute quasi sei ore. Tutto sommato, neanche male.

Qui l'organizzazione si rivela impeccabile. Vengo immediatamente ricevuto dai medici, che mi mandano in palestra dal fisioterapista. Controllo, massaggio, consigli per il recupero e "sdraiati sul lettino, togli i vestiti bagnati e copriti con la coperta termica. Alle 18 parte la navetta". Cavolo, alle 18? Io sono arrivato qui alle 14.30... devo aspettare. Va bene, pazienza. Qui si sta bene.

Arrivano le 18 e arrivano altri trailer che si devono ritirare. L'unica che non arriva è la navetta. Nemmeno alle 18.30. Nemmeno alle 19. E noi l'aspettiamo nel piazzale, senza una tettoia e con indosso i nostri impermeabili. Ok, che qualcosa andasse storto ci sta. 

Anche perché, informati da noi, gli organizzatori si danno da fare. Sono gentili, ci spiegano che il maltempo sta mettendo a dura prova tutto quanto e che stanno pensando di sospendere la gara (lo faranno dopo circa un'ora). Trovano un pullmino che ci porta a Bergamo, lasciandoci dove vogliamo come improvvisando una linea Trail che in città (per ora...) non esiste.

Torno in albergo, con quella vena di tristezza che mi accompagna quando una gara non finisce al traguardo. Tutto sommato, però, è andata bene. Potevo farmi male sul serio.
Stappo una birra "Ultra Trail" ed è davvero ottima.

Come ottimo è stato tutto quanto in questa nuova avventura trail. Dura, durissima. Forse anche troppo per un Trail Classico: in alcuni tratti poteva essere considerata una Skymarathon (vuol dire una gara più dura di un Trail, ma qui si aprirebbe un dibattito infinito...).

Ora ho in testa un paio di pensieri. La mia decima CCC tra tre settimane e una cosa che dovrebbe succedere l'anno prossimo. Non l'hanno ancora detto, ma... quando si corre l'Orobie Ultra Trail 2016?

ps Stamattina, dopo 48 ore di stop sono uscito per allenamento.  10k in scioltezza, pianura a 4.30 al km. Tutto bene, solo un po' di fastidio.

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