lunedì 20 luglio 2015

E adesso, voglio correre?

Enrico Arcelli. Il Professor Corsa.
Il caldo non c'entra. In fondo, basta idratarsi e uscire presto la mattina o tardi la sera, o la notte. Se trovi la scusa del caldo, anche in questi giorni, vuol dire, appunto, che stai trovando una scusa.

Il motivo è proprio un altro.

Devo andare un po' indietro. Tipo una decina d'anni.

«Potresti sentire Enrico Arcelli».
«E chi è?»
«È un medico dello sport, in gamba. Spiega molto bene».
«Ok, grazie lo chiamo».

Era il 2005, poco prima di Natale. In redazione a Focus, stavo lavorando con Raffaella Procenzano a un pezzo su "Qual è lo sport migliore per...". Solo che, come si dice, "mi mancava l'esperto".
Così, lei mi suggerisce di chiamare Arcelli.

L'intervista va molto bene. È gentilissimo, preparatissimo, pacato ed estremamente chiaro nell'esporre. A un certo punto mi butta lì la frase più importante della mia vita: "Qualsiasi fisico sano, in sei mesi di allenamento può completare una maratona". Click.

Ok. Ci penso un po'. Fumo una sigaretta, una delle 40 che mi facevo ogni giorno. Vado dal direttore di Focus, Sandro Boeri e gli dico: «Senti... sai che c'è sempre più gente che corre la maratona? Prendiamo uno grasso, che fuma, che non fa un tubazzo di niente, lo alleniamo per sei mesi con uno dei più esperti al mondo. Contattiamo un'agenzia di viaggi specializzata in corse intorno al mondo, prepariamo tabelle di allenamento da scaricare da Focus.it e portiamo 100 lettori a correre la maratona di New York. Che ne pensi?». Sandro mi guarda e risponde: «Penso che si può fare. Comincia ad allenarti».

Richiamo Arcelli il giorno dopo. È entusiasta. Vado a trovarlo, prepara le tabelle. Guarda i miei 86 chili e dice «Vedrai che cambiamento».

In effetti, cambia tutto.

A New York ci andiamo. Eccome se ci andiamo. Per 5 volte, fino al 2011. Ci andiamo anche con Mariangela Gatti, la campionessa di maratona (a 75 anni), che New York la vince pure (in categoria, of course). Ci andiamo con Beppe Rossello, che dimagrisce.
Cavolo, se dimagrisce. E che ri-ingrassa. Cavolo, se ri-ingrassa.

Nel frattempo, in questi 10 anni, il mondo scopre la corsa.

E io scopro di aver incontrato un uomo straordinario. Nel senso letterale del termine. Arcelli non è "ordinario". È uno che se gli dici «Sai, mi sono messo a usare la curcuma per condire» ti risponde «Bravissimo! Scegli però il curry, non la curcuma pura. Gli ultimi studi dicono che è meglio assorbita se associata alla piperina, che si trova nel pepe...».

Questo è il prof. Quello che ne sa di più, ma non te lo fa pesare. Quello che per convincerti a passare all'alimentazione Zona ti diceva «Pensa che a me sembrava impossibile mangiare meno pasta». Quello che ti faceva le pulci ogni volta che scrivevi qualcosa. Ma che quella volta, quell'unica volta che ti diceva «È perfetto», sapevi che era vero. Come lui.

Enrico Arcelli è morto. Se l'è portato via un infarto, meno di un mese fa. Di colpo.

Io ci ho messo un mese a scriverne. Perché non mi pare proprio vero, neanche adesso.

A chi telefono la mattina prestissimo, come quella volta nel 2007? Quando un dolore sciatico mi impediva di allenarmi. C'è voluta la sua pazienza per dirmi alle 7.30, dopo un'ora di mie lamentazioni "...potrebbe essere la Sindrome del Piriforme. Prova la fisioterapia e stai tranquillo". La era.

A chi chiedo se è bene o no ungersi come un tacchino di pomata se ti fa male un ginocchio? ("Fai 20 minuti di ghiaccio, due volte al giorno. Non c'è antinfiammatorio migliore. E segui sempre la Zona, mi raccomando").

Adesso Arcelli starà dando consigli di corsa e alimentazione a qualcun altro, da un'altra parte. Come ha scritto qualcuno, "Enrico ora sta spiegando al Capo che suo figlio ha sbagliato tutto. Non si fa una corsa in montagna con un carico sulle spalle dopo una cena a base di soli pane e vino".

Io mi fermo. Mi fermo qui. Perché per conoscere Enrico Arcelli non serve leggere me. Ci sono i suoi libri, da Correre è bello, a La Mia Maratona per arrivare a Voglio Correre.

Il punto di domanda nel titolo è un refuso.
Voglio correre.
Perché è davvero bello. Perché me lo ha insegnato lui.

Ciao Enrico. E grazie.


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