mercoledì 24 settembre 2014

Due papà, 100 chilometri. La nostra The North Face Ultra Trail du Mont Blanc - CCC2014


Questo sono io che arrivo. Era ancora buio.
Due papà. Cento km di corsa. Poco più di venti ore. E quasi 15 giorni per riordinare le idee.
Sì, quasi 15 giorni. Perché a volte c'è troppa emozione: troppe cose che ti sono cresciute dentro. Tanti chilometri, tantissimi contando anche l'allenamento: e bisogna lasciarle un po' decantare.

Ok, come è andata lo sapete: grazie a Facebook e all'applicazione LiveTrail ci avete seguito in tantissimi. Grazie di cuore: perchè rivedere i vostri post di incoraggiamento mi commuove anche ora.

Per la cronaca. Io ho terminato la Courmayeur - Champex - Chamonix in 21 ore, 2 minuti e 25 secondi. Renzo ci ha messo 22 ore, 17 minuti e 25 secondi.

Ci siamo svegliati alle 6.45, la mattina della gara. Avevamo preparato tutto quanto la sera prima, come è giusto. Poi siamo andati in auto da Chamonix a Courmayeur per la partenza. Due amiche speciali, Greta e Sibilla, ci aspettavano nel loro albergo. Con calma, nella hall, abbiamo controllato tutto quanto.

"Ce l'hai la lampada?"
"Sì"
"E l'altra lampada?"
"Sì"
"E le pile?"
"Si"
"E il telo termico?"
"Si"
"E i sali?"
"Carlo, che ne pensi se ti faccio ingoiare lo zaino e le bacchette?"
"Ok, andiamo"



Alla partenza. Ci guardiamo un po' in faccia e scappa qualche sorriso. Sono le 9.
Via. Si parte e inizia la salita. Stiamo insieme? Sì. Aspetta, vado un attimo avanti... eh, devo fare pipì.

Due chilometri. E Renzo sparisce nella folla. Lo chiamo. Niente. Provo a telefonargli. Niente, è spento.
Ok. Saremo uniti dall'emozione. Va bene anche così. Quando alla partenza ci sono 1700 persone, può capitare di non trovarsi.

Attacco la salita alla Tete de la Tronche. Penso che Renzo sia lassù, da qualche parte.
Arrivo in cima e lui non si vede. In discesa è più forte di me, quindi... vado a tutta. Arrivo al rifugio Bertone. Un bicchiere di the caldo e via, senza fermarmi. Non può essere lontano.

Tra il Rifugio Bertone e il Bonatti. Sotto, in discesa verso Arnuva.
Telefono a mio papà Beppe, il mio assistente virtuale: sarà al computer tutto il giorno e tutta la notte a darmi tempi e posizione. Insostituibile.
"Stai andando bene, Renzo è tre minuti avanti a te".
Solo tre minuti? Ok. C'è una cosa sola da fare. Andare al massimo, così lo prendo.

Arrivo al rifugio Bonatti. Niente, non c'è. Cavolo, ma quanto va forte? Drrrrrin... Sì, dimmi, papà... Non sono riuscito a ragg... cosa?... COSA???... Renzo era sì passato tre minuti prima di me. Ma io al rifugio Bertone e lui ancora alla Tete de la Tronche. Renzo è dietro di me, non davanti.

Ok, siamo separati. A questo punto, mi metto al mio passo.
Arnuva, è il momento di mangiare un po' di più. Il clima è ottimo, ho corso bene in discesa. Adesso c'è il Gran Col Ferret, la mia personalissima bestia nera.

La salita al Gran Col Ferret.
Tutto ok, salgo senza problemi. Sei ore di gara, 31 km fatti. Ora mi aspettano 20 km di discesa. Volano via, sto davvero bene.

Arrivo a Champex Lac. Mangio un piatto di pasta, senza sedermi. E' il momento di vestirmi per la notte, manca poco al buio. Sono le 19.03 quando riparto. Sto davvero benone. Che bello. Non mi sono dato obiettivi di tempo, ma mi piacerebbe proprio stare sotto le 20 ore. Sento che posso farcela.

Ora c'è la salita che una volta era "quella di Bovine". Per casini coi proprietari terrieri penso, si passa appena sotto: una salita su sentiero che è una bellezza. Lunga, impegnativa, con un guado: ma davvero bella. Arrivo in cima senza problemi e mi godo anche qualche momento di piacere puro: là, in fondo, si vede l'ultima bava di luce del giorno che mi saluta.

Giù di corsa verso Trient. Inizia a far freddo, è il momento di correre con la giacca antivento. Una volta era "la maledetta Trient" (mi sono ritirato due volte qui), oggi è un ristoro da favola. Sono sempre riuscito a mangiare, a prendere i miei sali, a bere con regolarità.

Mi sparo un panino con qualche fetta di salame, alcuni pezzi di cioccolato, un the caldo e via di nuovo. Si sale fino a Catogne. Dislivello analogo a quella di prima, ma sentiero più facile e regolare. Ora è una discesa corribile fino a Vallorcine. Ci arrivo pochi minuti prima della una. Ok, mi rilasso. Mancano solo 20 km. Riposo una ventina di minuti e faccio rifornimento.

E' qui l'errore. Mi lascio un po' andare, mi deconcentro. Metto i sali nella borraccia e vado alla tanica per riempire d'acqua... strano, quest'acqua è un po' colorata. Azz. E' acqua coi sali. Quindi, ho messo i sali nell'acqua coi sali. Risultato? Bevanda ipertonica. Dura, durissima da digerire, soprattutto adesso.

Va be. Ormai... saranno questi 25cc di acqua salata a crearmi problemi? Figurati, cosa sto a levare, sciacquare... no no. Sono pronto e riparto. Affronto la megasalita della Tete aux Vents. Arrivo in cima e... Nausea. Tanta nausea. Troppa nausea. Bevo. E vomito. Due volte, a distanza di 10 minuti. Mi fermo, mi gira la testa. Devo stare tranquillo e lasciar passare un 25 minuti. Adesso dovrei mangiare. Ma chi si fida? Se ingoio una barretta è facile che vomito di nuovo: e non posso permettermelo.

Così, provo questa soluzione: apro la barretta e la succhio come un ghiacciolo. Pian piano. Si scioglie e non mi dà fastidio. L'ultimo boccone, sempre camminando, lo mastico per bene. Tutto ok, ma avrò perso almeno un'oretta. Ricomincio a correre, la salita è finita. E arriva il secondo problema. Dalla Tete aux Vents a La Flegere (ultimo ristoro) non c'è un sentiero: c'è una grossa pietraia in discesa. Tra un sasso e l'altro c'è spazio, bisogna scegliersi il percorso. Solo che è, ovviamente, tutto molto buio. E la mia lampada frontale non è fatta per queste situazioni: fa una luce moto intensa ma con un cono molto stretto. Va bene per seguire il sentiero, non per orientarsi scegliendo dove mettere i piedi.

Questo mi rallenta molto. Cerco di seguire quelli che mi superano, ma è quasi impossibile. Quando mi passano, tra la loro luce e la mia c'è solo del nero. E non so dove mettere i piedi. Mi rassegno a una velocità inferiore, pazienza.

La Flegere arriva. Ed è come un sogno che si avvera. Da qui è una discesa nel bosco. Una fantastica discesa. Mangio ancora qualcosa, solo un the e qualche biscotto.
Dal bosco sento la musica di Chamonix (o me la immagino? Fa lo stesso). Meno 5 km, 4. Arriviamo alla strada forestale. Che in breve diventa quella asfaltata che porta in paese.

Curva a gomito stretta, c'è qualche volontario mattiniero che mi dice "C'est fini!!!". Passo sotto l'hotel Alpina. E il pensiero va alla mia mamma. Perché è la prima volta che corro qui da quando lei non è più con me.

Dentro a Chamonix non è correre. E' volare. La fatica è sparita, c'è spazio solo per gioia ed emozione. Arrivo. Eccolo. Brilla e mi sembra di non aver mai visto una luce così intensa.

Taglio il traguardo, ricevo un abbraccio e il gilet da finisher. C'è Greta, l'aveva promesso. E ha in mano una birra. Per me.

Mi emoziono, le racconto la corsa. Poi ci mettiamo, insieme, ad aspettare Renzo. Arriva ed è l'immagine della gioia. Ride, ci abbracciamo. "Ma che fine hai fatto?" "Eh, ti ho visto che mi superavi. Mi sembravi così lanciato che ho pensato andasse bene così".

















Renzo è un amico. E l'ho sentito vicino anche a distanza, in questo folle inseguimento che ci ha fatto sentire vicini stando lontani.


Il nostro rientro è un racconto continuo, un po' come quello che avete letto fin qui.
Dolori del giorno dopo? Qualcuno, non troppi a dire il vero. Voglia di correre? Sempre, tanta. Ho lasciato passare due giorni poi ci ho provato. E' stata duretta, ma è andata sempre meglio.


Ora, dopo qualche settimana, sto pensando ai Percorsi della Memoria.

E sto pensando a un'altra cosa. Che ho commesso tre errori: il primo, bere acqua con troppi sali. Il secondo, usare una lampada inadatta. E il terzo, poche righe sopra: non è vero che è stata la prima CCC senza la mia mamma. E' stata quella in cui l'ho avuta più vicino.




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